27/02/2019
OLTRE LA MURAGLIA: UNO SGUARDO SULLA CINA CHE NON TI ASPETTI

OLTRE LA MURAGLIA: UNO SGUARDO SULLA CINA CHE NON TI ASPETTI

(Ristorante “Grand Hotel della Posta” – Sondrio 27 febbraio 2019)

Alberto Bradanini, valtellinese doc della “Costiera dei Cech”, ambasciatore italiano a Teheran e a Pechino, è stato il graditissimo ospite della seconda conviviale di febbraio del nostro Club.

Il Presidente Marcella Fratta, accompagnata dal marito dr. Mario Erba, ha presentato il relatore, approfondendo il lungo curriculum della sua carriera diplomatica (laureato in scienze politiche, è entrato alla Farnesina nel 1975 ed è stato in Belgio, in Venezuela e alle Nazioni Unite) e ricordando che nel 2011 era stato insignito del nostro riconoscimento “Lions d’Oro”, per cui avevamo già avuto modo di apprezzarne le qualità di profondo conoscitore delle realtà dei paesi ove ha svolto la sua attività di ambasciatore, in particolare dell’Iran e della Cina.

L’ospite, da grande sinologo qual’è, ha, di recente, pubblicato il libro dal titolo “Oltre la Grande Muraglia. Uno sguardo sulla Cina che non ti aspetti”, frutto della sua lunghissima esperienza in quel vastissimo paese, popolato da un miliardo e quattrocento milioni di persone.

Un paese”, ha esordito, “che immaginiamo grande, ma che quando siamo lì lo troviamo molto più grande di quello che pensavamo”.

Ha aggiunto che scrivere della Cina è un’impresa improba, sia per la vastità del territorio, per il numero di persone che vi vivono, per le differenze che esistono tra provincia e provincia, sia perché, per comprendere un paese, un popolo, è meglio “vederlo una sola volta che farselo raccontare mille volte”.

Profondamente innamorato della Cina, Bradanini ha riferito che nel libro sono contenute riflessioni sulla cultura e sull’economia dell’Impero Celeste e sulla sua posizione politica, così particolare perché è un paese dove si mira solo a costruire un paese socialista, disinteressandosi della sorte di tutti gli altri paesi al mondo che hanno tentato la via del comunismo o del socialismo.

Questo proprio perché la Cina è un “paese-continente”, un paese con ideologia comunista, marxista-leninista, però con specifiche caratteristiche cinesi.

Dopo la svolta impressa da Deng Xiao Ping negli anni’80, ci si domanda se può ancora qualificarsi un paese comunista oppure se non sia diventato un paese capitalista.

E’ un paese del tutto particolare, sia per sue tradizioni filosofico/religiose (confucianesimo, taoismo, buddismo), sia perché è stato il primo stato moderno, con l’invenzione del “mandarinato”, ovvero di questi “governatori” locali, scelti attraverso esami che puntavano a selezionare i migliori in senso assoluto, esperti più in “letteratura e poesia” piuttosto che in “amministrazione dei territori”, senza alcun criterio di ereditarietà. E questo valeva anche per l’imperatore: il figlio poteva succedere al padre, solo se ritenuto meritevole, se no il potere veniva esercitato dai mandarini.

Il Partito Comunista Cinese, che domina la scena politica, sta cercando di costruire una sorta di società ideale, ben diversa da quella sperimentata in Unione Sovietica, seppure non capitalista e non socialdemocratica, ma una sorta di terza via, che contempera il capitalismo (attraverso la produzione anche di cose inutili) e il socialismo (per un’equa distribuzione della ricchezza).

Mao, si dice, “distribuiva bene la povertà”, mentre Deng Xiao Ping ha introdotto il nuovo concetto che per essere socialisti bisogna essere ricchi, per cui invitava i cinesi ad arricchirsi.

Da allora l’economia ha avuto uno sviluppo incredibile: basti pensare che nel 1949 aveva un PIL pari a quello dell’India, ora quello cinese è cinque volte superiore a quello indiano. E Macao è al secondo posto nel mondo per quanto attiene il prodotto interno lordo.

Tutto è però ancora sotto il controllo governativo e l’iniziativa privata, ove per qualsiasi ragione fallisca, viene immediatamente sostenuta con l’intervento dello Stato.

Al termine della sua interessantissima relazione, molti sono stati gli interventi dei soci e, alla domanda “se i cinesi stanno bene”, la risposta dell’Ambasciatore è stata questa: “Prima di Mao Tse Tung i cinesi erano peggio dei servi della gleba occidentali, erano dei veri e propri schiavi. Mao è riuscito a dare ai cinesi la dignità umana e di questo gli sono ancora tutti riconoscenti. E, seppure abbia commesso degli errori, anche molto grossi, glieli hanno perdonati”.


I cinesi”, ha concluso, “sono intimamente e fermamente comunisti e se si dovesse andare ad elezioni libere e democratiche come da noi, il Partito Comunista vincerebbe con un amplissima maggioranza”.

Angelo Schena