10/05/2017
L’ETA’ DELLA PRIMA SBRONZA … E ALTRO

L’ETA’ DELLA PRIMA SBRONZA … E ALTRO 

(Ristorante Jom Bar di Tresivio)

Il nostro Socio Claudio Marcassoli ha affrontato un tema vastissimo, con problematiche enormi, che, partendo dalle sbronze dei ragazzini, si è esteso ad altri argomenti di estremo interesse, come la droga, la ludopatia e, soprattutto, l’uso di internet e dei telefonini.
Il relatore ha esordito affermando che, secondo lui, vi è una  totale sottovalutazione del problema  da parte degli adulti, in quanto molto spesso dalla prima sbronza si passa all’abuso di alcolici che ha radici non molto diverse dall’uso di sostanze stupefacenti, dal bullismo, dalla ludopatia e dalla dipendenza da internet.
L’adolescenza è un periodo turbolento, di crisi, col passaggio dall’infanzia all’età adulta e con forti spinte biologiche verso l'autonomia. Ci si sente onnipotenti, si scopre la sessualità, si tende all'aggressività che, peraltro, fin dalla nascita fornisce l'energia, la forza per crescere, per stabilire i rapporti con le persone, per esplorare l'ambiente, per diventare grandi e indipendenti.   
ALCOL


Ecco alcuni dati forniti dal SERT sull’uso degli alcoolici nella nostra provincia:
Il 60% degli studenti under 16 consuma alcolici, ma quasi il 20% dichiara di aver bevuto più di una piccola quantità a 12 anni e meno e il 31% circa tra i 13 e i 14 anni. Circa il 40% degli studenti sotto i 16 anni si sono ubriacati almeno una volta e il 10% lo ha fatto da 4 a oltre 10 volte.
Si beve meno vino e birra, più aperitivi, superalcolici, cocktail vari, con percentuali maggiori tra le ragazze. Il 7% dei giovani dichiara di ubriacarsi tre volte alla  settimana. La prima sbronza avviene tra gli 11 e i 13 anni
Quali le conseguenze? Sotto i sedici anni il sistema nervoso non è ancora completamente sviluppato e non è in grado di sostenere quantità elevate di alcol, che agisce come sostanza psicoattiva sul cervello per l’assenza degli enzimi destinati alla sua metabolizzazione, per cui il suo consumo durante l'adolescenza risulta dannoso per lo sviluppo fisico ma soprattutto per lo sviluppo cerebrale con possibili danni permanenti (problemi di memoria e di abilità mentali, incapacità di apprendimento, dipendenza e depressione). L'uso di alcol andrebbe sempre evitato al di sotto dei 18 anni.
I giovani e i giovanissimi bevono per trasgressione, iniziazione, oppure per disagi personali, famigliari, emotivi, noia, solitudine.
Per aiutare ed educare i giovani, i genitori devono discutere tra loro, adottare regole condivise e fornire al figlio una visione unica e chiara, il famoso NO!!!  È la regola regina dell'educazione. 
CANNABIS
È in atto una forte discussione. Ci sono potenti pressioni ideologiche, e non solo, per la legalizzazione. Si considera la cannabis una droga "leggera", per uso ricreativo, ma se è vero che di cannabis non si muore, i danni, anche permanenti, possono essere ingenti.
INTERNET
Internet crea dipendenze senza sostanze, ma è altrettanto pericoloso.
Il suo uso costituisce peraltro un’opportunità per  imparare, avere contatti con il mondo, accedere a infinite informazioni per lo studio e la ricerca, ma ci sono anche molti rischi, quali la pedopornografia o il sexting, solo per citarne un paio.
I medici lanciano l’allarme perché stanno aumentando i casi di bambini e ragazzini affetti da “Internet addiction disorder”, cioè dai disagi di chi si collega per troppe ore al giorno alla rete, un problema che, secondo la Canadian Medical Association  “è reale come l’alcolismo, provoca, come le altre patologie da dipendenza, problemi sociali, sintomi esistenziali, isolamento, problemi coniugali e prestazionali, problemi economici e lavorativi”
Nel caso dei bambini, in particolare, si registra stanchezza, calo del rendimento scolastico, allontanamento dagli amici, abbandono di altre forme di intrattenimento, difficoltà a costruire una relazione con gli altri, instaurarsi di una situazione di apatia che è del tutto simile a quella provocata dalle droghe. Già alle scuole elementari possono  manifestarsi disturbi cognitivi e della memoria dovuti al troppo tempo trascorso “a navigare” sulla rete, che poi spinge a creare emozioni sempre più forti.
Internet crea connessioni, non relazioni.
Chi ha rapporti interpersonali insoddisfacenti nella vita reale, trova nelle chat riscatto, sicurezza, comprensione, tende facilmente a considerarlo l’ambiente vero, mentre amici e realtà diventano un’ipocrita rappresentazione di convenzioni e di ruoli vacui.
Esiste inoltre la possibilità di essere “presi nella rete” e per un bambino o un adolescente c'è il rischio di essere coinvolti in incontri pericolosi.
Alcuni genitori assumono un atteggiamento “proibizionista”, cioè sono assolutamente contrari all’utilizzo da parte dei propri figli di questi nuovi strumenti tecnologici. Un genitore che assume  tale atteggiamento tende spesso a svalutare i passatempi “tecnologici” dei propri figli entrando in una vera e propria lotta di potere: il genitore rivendica il suo potere decisionale sull’educazione dei figli e il figlio rivendica il suo desiderio di apprendere e utilizzare gli strumenti che la società gli mette a disposizione. Ogni comunicazione positiva genitore-figlio viene così a cadere e l’incomprensione regna sovrana.
Altri genitori assumono un atteggiamento “permissivo”, apprezzano le potenzialità delle nuove tecnologie e non ostacolano in alcun modo le scelte del figlio. Lo lasciano fare, dandogli piena fiducia e libertà di utilizzo, senza però interessarsi alle loro attività. Tra questi vi possono essere genitori iperprotettivi che, pur di avere i propri figli sotto il proprio sguardo, incentivano passatempi tecnologici da svolgere in casa, pensando che queste nuove tecnologie siano luoghi sicuri o li usano come baby-sitter. A questo atteggiamento dei genitori, i figli rispondono con grande gioia, entusiasti di poter fare libero uso di ciò che a loro piace e, di certo, non si lamentano con il genitore cosi generoso. Da un punto di vista educativo questa “generosità” appare, però, più come una delega, una deresponsabilizzazione dal proprio ruolo genitoriale. Ad un’apparente armonia genitore-figlio si nasconde indifferenza e mancanza di dialogo.
Un atteggiamento apparentemente simile a quello “permissivo” è quello “investigativo”, proprio di quei genitori che lasciano grande libertà ai figli nell’utilizzo delle nuove tecnologie, ma controllano di nascosto le attività che hanno svolto. Apparentemente danno fiducia, ma poi la tolgono perché dubitano e “invadono” lo spazio di autonomia del figlio. Gli adolescenti, una volta scoperta la curiosità dei genitori, si sentono traditi.
I genitori che adottano un atteggiamento “responsabilizzante” approvano l’utilizzo da parte dei  figli delle nuove tecnologie, ma solo a determinate condizioni (età adeguata, dimostrata responsabilità nel loro utilizzo, disponibilità al confronto con una persona adulta) e si impegnano perché vengano utilizzati con consapevolezza e con delle regole. Si impegnano ad imparare il loro funzionamento o a farselo spiegare dal figlio, oppure instaurano con loro un dialogo sereno e interessato fin dalla loro tenera età, oppure ancora si assicurano che abbiano le corrette informazioni da un esperto o da una persona di fiducia. Sono genitori che forniscono le indicazioni utili per tutelarsi da rischi o pericoli. I bambini o i ragazzi, seppur contrariati per qualche limitazione, sanno apprezzare con il tempo questo tipo di atteggiamento che, dal punto di vista educativo, è il più adeguato. Se si sentono responsabilizzati, sono molto più motivati a un utilizzo consapevole di queste nuove tecnologie.
Occorre quindi evitare che i giovani utilizzino questi strumenti con superficialità, disattenzione o morboso interesse. Occorre educare i figli ad utilizzare questi strumenti con intelligenza e consapevolezza, senza eccessi e con determinati limiti a seconda delle età. E’ importante, quindi, che non venga precluso loro di conoscerli e di utilizzarli perché, se questo è possibile farlo in ambito famigliare, non lo è altrettanto al di fuori delle mura domestiche, essendo queste tecnologie ormai diffuse in ogni contesto.

Angelo Schena